Giovedì sono libero, si va sul Nera?
Così, con queste poche parole sul gruppo WhatsApp del Tuscia Fly Club, il nostro presidente mi convince (e non è che ci voglia molto!) a dedicare un’altra giornata alla mia passione, la pesca a mosca.
Il fiume Nera ha sempre evocato in me una sensazione che è difficile da spiegare.
Sarà che scorre in Umbria, nel cuore verde del centro Italia…
Sarà che capita spesso, parlando con i pescatori a mosca della zona, di ascoltare racconti o avventure vissute su questo fiume…
O, meno poeticamente e più cinicamente, sarà che le trote più vicine a casa mia si trovano a un’ora e mezza di auto.. la distanza che mi divide dal Nera.
Ecco dunque che nel giro di qualche messaggio ci si è belli organizzati per la pescata.
Arrivo sul fiume
Si sceglie di svolgere la battuta di pesca in un tratto di fiume “libero”, e non nel nokill. Arrivati sul posto, ci rendiamo subito conto che le condizioni del fiume sono ottimali: acqua pulita e portata del fiume perfetta per la mosca.
L’unica nota negativa, giusto per trovare sempre un appiglio per giustificare un eventuale “cappotto”, è la temperatura esterna: veramente alta rispetto alle medie di questo mese e un cielo senza una minima velatura né copertura nuvolosa.
In pratica, saremo costretti, per non essere visti subito dai pesci, ad un approccio al fiume da “incursori della marina”. E per quanto mi concerne, sono costretto a mettere la crema solare sul viso per evitare spiacevoli scottature. E pensare che siamo solo ad Aprile!
L’Azione
Cominciamo a pescare a risalire e notiamo subito che le poche trote visibili non sono in attività, tant’è che le sporadiche schiuse di insetti non sembrano interessarle minimamente.
Monto una sedge in pelo di cervo su amo del 12 e lancio su una trota che non era riuscita a scorgermi. Con estrema svogliatezza, sale a rallentatore sulla mosca e con tutta calma la rifiuta.
Lascio scendere a valle la mosca mentre, ridacchiando, penso che i pesci non stavano di certo aspettando me per farsi fregare. La mosca prosegue la sua deriva oltre la mia posizione, draga, affonda e, inaspettata, arriva la mangiata di un pesce che era più a valle e che non avevo minimamente visto.
Preso totalmente di sorpresa, lo “bolletto” ma visto il modo in cui si è comportato mi convinco a pescare con la mosca sommersa. Ovviamente, con risultati deludenti.
Continuiamo a risalire e decidiamo di fermarci in un punto con un po’ di ombra per un panino ed una breve sosta e per un micro-corso di entomologia. In un ciuffo d’erba scoviamo diverse larve di libellula e portalegna,
Mentre passeggio lungo l’argine, in questo caso sopraelevato di circa un metro rispetto al fiume, scorgo una piccola trota ai margini di una buca sulla sponda opposta. Sicuro di non essere visto, cerco di capire il suo comportamento: non è in caccia neppure questa volta e mi auto-convinco che se la mia wet fly le passasse davanti al muso non potrebbe dirle di no.
Una sosta per pensare
Finisco di mangiare, concentrato sulla strategia da utilizzare per far arrivare l’imitazione al pesce senza allarmarlo e poi passo all’azione.
Mi porto poco più a monte della trota ed entro poco poco in acqua con estrema cautela decidendo per un roller. Evitando di far volteggiare la coda, penso, non rischio di disturbarla.
Entro in acqua il minimo indispensabile a monte della trota e decido di effettuare un lancio rollato per evitare di far volteggiare la coda davanti al pesce. Non faccio in tempo a portare la canna in verticale che lei schizza via repentinamente, rifugiandosi sotto la riva poco più a monte.
Resto di sasso, incredulo: un movimento da me considerato praticamente invisibile si è rivelato tutto l’opposto.
Continuiamo a risalire un po’ senza risultati degni di nota ma non riesco a cancellare dalla mia mente l’azione precedente. Mi ritrovo a valutare comportamenti alternativi che, per pigrizia o per la “fretta” di concludere, non avevo preso in considerazione.
Uno, in particolare, mi convince più di altri: avrei dovuto cercare di insidiarla a secca cercando di arrivare su di lei da dietro in maniera più discreta, piuttosto che ostinarmi a pescare a sommersa lanciando verso valle.
Chiedo un parere ad Osvaldo ed ho la magra consolazione di una conferma: lui avrebbe scelto proprio questa soluzione.
Considerazioni
Sulla via del ritorno ripenso alla lezione che mi ha dato quella trota, lezione che certamente mi sarà utile in futuro. Lezione che considero un arricchimento del mio modesto bagaglio di pescatore con la mosca artificiale e mi convinco, una volta di più, che tra “prendere” un pesce e “pescare” un pesce c’è una bella differenza.
Grazie fiume Nera.
Nazareno