La pesca a mosca in provincia di viterbo

Carenza di schiuse

Carenza di schiuse: quali le cause? Inquinamento? Sommovimento dei fondali a causa di fattori esterni? Eccedenza di scarichi industriali o domestici? Cambiamenti climatici?

Tutto questo può essere, e forse ancora tanto di più.

Si può pensare ad una (re)introduzione artificiale? Potrebbe essere un’idea ma è bene tenere presente che già qualcuno tentò di farlo (stiamo parlando di William James Lunn) e ci impiegò ben 26 anni prima di vedere risultati positivi, dal 1893 al 1919 (*). Certo, le tecniche moderne aiuterebbero parecchio ma resta il fatto che si tratta di un lavoro improbo, di pazienza e tanta, tanta fiducia.

Letteratura alieutica

Mosca di Maggio – foto di Leonardo Innocenti

Nella letteratura alieutica vi sono pagine molto interessanti che trattano a fondo la carenza di schiuse e, sebbene siano opere del secolo passato, danno un’immagine molto vivida di quanto elevato fosse l’interesse dei pescatori per il mantenimento/miglioramento delle condizioni del fiume.  

Non si limitavano ad introdurre pesce per rimpiazzare il prelievo ma cercavano di trovare soluzioni di fondo per ovviare a fatti negativi nei confronti dell’ambiente alieutico.

Iniziative lodevoli, senz’ombra di dubbio.

Ma già nel 1947 c’era chi si poneva una domanda affatto secondaria: questo accanimento nei confronti degli eventi naturali fu un bene o un male? Fu cosa giusta?

Stralciamo alcune considerazioni da un testo di quell’anno in cui si tratta di questa situazione critica sul Test, più specificatamente nell’area di Houghton.

Per prima cosa, la carenza – quasi totale – di mosca di maggio. Ve ne erano di tre “tipi”: Ephemera danica, vulgata e lineata ma solo la prima era ben presente ad Houghton. La vulgata lo era in quantità modestissime mentre la lineata era ancora più rara, menzionata solo in una occasione da Eaton.

Era il 1893 quando le mosche di maggio cominciarono a scarseggiare nel Test ed in quell’anno vennero prelevate ninfe di danica dal fiume Dun, tributario che raggiunge il Test a Kimbridge. Le condizioni atmosferiche avverse non permisero di ottenere buoni risultati e nel 1899 il tentativo fu ripetuto con ninfe provenienti dal Kennet. Dopo due o tre anni di buona presenza di schiuse, la situazione peggiorò fino al 1906, anno in cui non se ne vide un solo esemplare.

 

W. J. Lunn

W.J. Lunn
W.J. Lunn

Lunn non si perde d’animo e studia a fondo il problema della carenza di schiuse di effimere, in particolare di mosca di maggio. Compie diversi tentativi di reintroduzione e nel 1920 la popolazione iniziò a crescere gradualmente nel 1921 e nel 1922 sebbene in questi anni né i pesci né gli uccelli se ne cibavano più allo stadio alato ghermendo però le ninfe e le spent.

Si erano forse disabituati al loro sapore od alla loro presenza in superficie? Non ci sono sono studi che lo confermino ma è una domanda alquanto lecita.

Il 1923 fu un anno del tutto negativo durante il quale Lunn poté vedere solo una ventina di mosche di maggio intente a deporre le uova. Ma l’anno successivo fu eccezionale, forse il più prolifico di sempre.

Veniamo ora al nocciolo della questione: l’intervento di Lunn fu fondamentale per il risultato finale?

Cosa sarebbe successo alla popolazione di mosche di maggio – scomparse da Houghton nel 1906 e riapparse nel 1919 – se Lunn “non” fosse intervenuto?

Molti concordano nel dare tutto il merito a Lunn ma vi sono alcune voci “fuori dal coro”, fra cui John Waller Hills.

Che fa un paio di

Considerazioni

  1. le mosche di maggio (la cui capacità di riproduzione è enorme, con 6/7000 uova per esemplare) non sono mai totalmente sparite da Houghton ed alcune sono state sempre presenti nel Black Lake ed a Horsebridge,
  2. Hills è convinto che questi insetti siano scomparsi da tutti i fiumi del sud dell’Inghilterra più o meno contemporaneamente e che siano ricomparsi autonomamente senza alcun intervento esterno.

Hills porta l’esempio del Kennet, a Rambsbury: la presenza di mosche di maggio cominciò a diminuire nel 1907, scomparendo totalmente nel 1911 per ricomparire nel 1922 e questo senza intervento umano salvo l’introduzione di pochi esemplari che non hanno certamente avuto alcuna influenza.

Hills sostiene che anche  ad Houghton non siano mai sparite totalmente, così come in molti altri fiumi, e che l’immane lavoro di Lunn abbia solo anticipato o facilitato -ma non sostituito- quello che la Natura avrebbe comunque portato a termine.

Eventi ciclici?

In altre parole, la carenza di schiuse è un evento cui periodicamente segue una ricomparsa? Farebbe dunque parte di un complesso ed ancora sconosciuto ciclo della natura?

Possiamo quindi stare tranquilli? Ritroveremo i nostri fiumi nuovamente popolati di effimere come “ai vecchi tempi”? Ammesso che succeda, fra quanti anni?

Soprattutto, è giusto “importare” effimere che mancano in un fiume direttamente da un altro corso d’acqua, magari distante chilometri e (non escuso) con caratteristiche biochimiche diverse? Oppure è consigliabile attendere che la natura faccia il suo corso?

La cosa comporta un notevole dispendio di energie, di tempo e di denaro e non si ha la certezza del risultato.

Se dagli studi che si dice siano stati effettuati la causa principale del depauperamento entomologico attuale dei corsi d’acqua è da ricercare nel peggioramento delle condizioni del fiume, non sarebbe più coerente, oltre che etico, utilizzare quelle energie, quel tempo e quel denaro per riportare le condizioni a livelli più consoni alla vita degli insetti piuttosto che intervenire con “importazioni” da altri luoghi?

Dopo tutto, introdurre insetti “nuovi” in un ambiente che resta comunque degradato è come seminare in un terreno appena trattato con diserbanti chimici, in altre parole non serve a nulla.

E’ uno dei tanti quesiti che non hanno e forse non avranno mai risposta ma è comunque un argomento interessante.

Purché trattato tenendo presente esclusivamente il corso d’acqua e non gli interessi diretti ed indiretti che un eventuale miglioramento porterebbe alle casse dei gestori.

 

(*) E’ utile ricordare che tutti questi studi, interventi e considerazioni hanno come base ambienti ben diversi dai nostri e che appartengono ad un tempo che nessuno di noi ha avuto modo di vivere, caratterizzato da situazioni sociali, ecologiche ed antropiche non paragonabili a quelle attuali.

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